Giovanni Scanavacca
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“Per domani saranno da riordinare le stanze a piano terra.” Erano alcuni degli ordini secchi di Anna, sempre impettita e preoccupata di non dare troppa confidenza alla nuova arrivata.
“Sapessi Franco, anch’io ho il mio generale.” Si era scoperta a dire Laura continuando la lettura della sua lettera.
“... i bambini qui non hanno niente e, se possibile, qualche volta hanno anche meno” continuava lui. “Qualcuno ogni tanto salta su una mina. I più fortunati volano via subito, rubati dal vento del deserto. Per gli altri il destino è terribile. Noi facciamo quel che possiamo, ma non è semplice.”
Quella frase le diede l’idea.
Forse parlando apertamente di bambini Anna si sarebbe sciolta. Il giorno seguente mise in atto il suo piano. Un fugace cambiamento di espressione della sua interlocutrice le disse che, forse, aveva colto nel segno. Se fosse stata più vicina, Laura avrebbe potuto vedere che lo sguardo di Anna si era velato, ma il suo repentino voltarsi da un’altra parte aveva nascosto ogni cosa.
Poi, di colpo, “Occhi di ghiaccio” parlò da madre:
“Anche da noi c’è vento e anche qui ci sono bambini con un destino terribile.”
Servirono molta pazienza e almeno tre, quattro giorni di domande caute, mezzi discorsi e rapidi dietro-front per capire la situazione.
Davvero là c’era un bambino a suo tempo voluto, in seguito difeso, protetto, vezzeggiato, ma quel bambino aveva un problema che né Anna, né Alberto, suo marito, erano riusciti a risolvere.
Alberto, alla fine, aveva gettato la spugna e si era concentrato sul lavoro e Anna, impotente e chiusa nel suo dolore era diventata “Occhi di ghiaccio”. E a Villa Paradiso era cominciato l’inferno, un inferno strano, in apparenza discreto, ma enorme, infinito e di continuo rimosso in ogni occasione pubblica nella quale Alberto ad Anna continuavano ad essere ammirati e invidiati.
“Leonardo è un bambino eccezionale.” Oppure: “Sta già prendendo le prime lezioni di musica.” diceva Anna, mentendo, ad amici e conoscenti che annuivano ammirati.
Invece...