Giovanni Scanavacca
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Yusuf entrò in camera sterile. Anna finalmente, ebbe il coraggio di confidare a Laura che Leonardo aveva fatto quel giorno un gran passo avanti: per un bambino autistico comportarsi così era un miglioramento importante. C’era ancora speranza.
Quando dall’unità di crisi telefonarono per avvisare che il rapimento si era concluso Laura stava finalmente leggendo l’ultimo brano della lettera di Franco:
“Non posso concludere senza ricordarti ciò che lessi tanti anni fa:
se il seme non ha il coraggio di scendere nella terra non dà frutto;
se l’aquila non ha il coraggio di spiccare il primo balzo fuori dal nido non potrà mai volare in alto;
se l’uomo non ha il coraggio di alzare gli occhi dalla terra al cielo non potrà mai crescere;
se non hai il coraggio di amare non potrai mai essere.
Io spero di essere.
Ti amo, Laura.
L’ho appena urlato nel vento della notte per fartelo sentire.”
Il resto è la cronaca di un rientro, della fine di una brutta avventura, tranne, forse un particolare: il piccolo Yusuf è ancora a Villa Paradiso in convalescenza dove ha trovato un amico in Leonardo. Stranamente quei due si sono capiti subito con grave danno per l’ordine che Anna aveva voluto.
Yusuf parla arabo, Leonardo non parla italiano. Entrambi ridono nella stessa lingua, combinano guai all’unisono e, senza saperlo, si stanno aiutando.
Da qualche parte c’è un imam che si chiede dove sia scritto che Dio sta nel vento leggero.
Non lo aveva mai sentito dire prima.
Gli occhi di Anna mentre leggeva quelle frasi gli hanno detto che deve essere vero.