Giovanni Scanavacca
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“Signora, non mi pare il caso...” Suggerì la voce.
“Invece sì. Fatelo venire qui e ditelo ai giornali, ai telegiornali, spiegatelo in arabo perché sappiano cosa fanno i nostri laggiù.”
Tanto fece che Yusuf e sua madre, nel bel mezzo di una crisi internazionale, furono portati a casa sua eludendo l’assedio dei giornalisti.
Di Villa Paradiso si dimenticò. Fu Anna a suonare alla sua porta in jeans e maglietta.
“Oddio... mi sono dimenticata...” Si giustificò Laura.
“Non ti preoccupare: sono venuta a darti una mano.” Rispose Anna. C’era una luce nuova nel suo sguardo. “Sono venuta perché devo capire come fai a...”
“È semplice: Franco ha organizzato questa cosa. È un suo progetto, perciò è anche mio. Una difficoltà non lo deve fermare.”
Fra lo stupore degli psicologi dell’esercito in quei giorni a casa di Laura si stabilì una strana solidarietà fra tre donne con tre problemi differenti e difficili.
A dispetto della lingua si capirono e il piccolo Yusuf fu portato dagli specialisti per le sue cure.
La lettera di Franco rimase sul tavolo della cucina fino a quando Anna non ne vide il secondo foglio, quello che nessuno aveva ancora avuto il tempo di leggere.
Proprio quel foglio la guidò nella conferenza stampa per l’appello ai rapitori. Anna aveva accettato di distrarre in quel modo i giornalisti dalla casa di Laura portandoli a Villa Paradiso al fine di permettere a Yusuf di raggiungere in fretta l’ospedale dove c’era la concreta possibilità di fargli il trapianto di midollo.
Iniziò piano a parlare, Anna. Un operatore strinse il primo piano sui suoi occhi, quelli di ghiaccio, ma subito dovette allargare l’inquadratura. Da qualche parte un bambino era uscito ed era andato a sistemarsi in braccio ad Anna che lo strinse a sé e continuando a parlare:
“Non farò appelli in senso stretto, ma mi limiterò a leggervi quello che Franco, il mio amico, il nostro amico Franco ha scritto a motivazione della sua azione.” E Anna vincendo la riluttanza a violare la privacy di Laura lesse: